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Non è vero che i sindacati siano inutili: QUESTI sindacati sono inutili

Alessio Mazzucco

È giunto finalmente il momento di dire che non sono i sindacati in sé a essere inutili, ma questi sindacati che ci ritroviamo.

Guardate questa foto.angeletti_camusso_buonanni-300x199 Sembrano i cavalieri dell’Apocalisse. E se ci aggiungiamo Fassina diventano pure quattro. No, i sindacati non sono inutili come una certa retorica soffia da qualche tempo. L’inutilità deriva dallo scopo che il mezzo si dà, e questo vale per qualunque cosa, i partiti, internet, la politica e i libri di Fabio Volo. Tutto può essere utile o inutile da come viene usato. Cgil, Cisl e Uil, le tre grandi sigle italiane, non sono solo inutili: sono dannosi. Quando immagino uno dei loro segretari dire “Interverremo sul caso XXX [fai che sia Electrolux, Alitalia o Ferrovie dello Stato]” mi prende il panico, come ai vietcong all’arrivo battagliero degli elicotteri sulle note di Wagner. Avete presente? Ecco, quella è la sensazione.

Alitalia è emblematica. Vi prego, seguite tutto il filo della storia della più sgangherata compagnia di bandiera del mondo occidentale. Dunque, salvata già due volte (anni 90 – i capitani coraggiosi – e anno 2009 – un Berlusconi anti-liberista e patriota sui generis) si appresta al suo terzo salvataggio, non pubblico stavolta, questo certo, ma per mano della compagnia araba Etihad. “Gli arabi ci invadono!”. Sì, certo, come no. 

Etihad decide d’intervenire: l’odore di tagli ed esuberi si fa intenso, e i sindacati si precipitano subito al tavolo delle trattative. Ma come? Tagli? Esuberi? Perché? “Perché è in perdita?” verrebbe da dire “Perché senza tagli e razionalizzazione fallirebbe?” verrebbe da pensare, ma non in questo Paese. No, qui si preserva il lavoro urbi et orbi, non si permettono investimenti se non mantenendo lo status-quo assolutamente inalterato. E, si dirà, lo status quo è cosa buona. Anche qui: sì, certo, come no.

La trattativa è passata da 2500 a circa 1900 esuberi (se erro mi corriggerete), di cui un migliaio verranno riassorbiti e ricollocati dal Governo, altri 250 riceveranno contratti di solidarietà e per i restanti si è pensato a quattro anni di ammortizzatori all’80% dello stipendio mensile. Quattro anni. Assaporate per bene questo numero. QUATTRO STRAMALEDETTISSIMI ANNI. Il nostro Ministro del Lavoro Poletti ha dichiarato orgoglioso e compiaciuto: “Abbiamo sbloccato 14 milioni per gli ammortizzatori”. 14? Altri 14 milioni? Sì, forse i 400 milioni del 2009 non erano abbastanza, ma lo capisco, continuate così. 

Ora, giusto per chiarire, ma quei 1000 lavoratori che verranno ricollocati dal Governo che faranno? Dove andranno? Metterete hostess alle Poste e piloti a fungere da capo-treni? Sposterete centinaia di impiegati dal redigere documenti aeroportuali ad approvare emendamenti nei ministeri o elaborare complicate astuzie burocratiche in qualunque istituzione comunale-provinciale-regionale-statale che vi capiti sotto tiro? Ma poi scusate, ma come li formerete al nuovo lavoro? Siete sicuri che dargli un lavoro giusto per mettere una toppa sia la soluzione giusta nel lungo periodo? Bah. Dare liquidazioni e permettere loro di riformarsi e rimettersi in gioco no, vero? Troppi voti persi, giusto?

Ora, lasciando da parte Alitalia, il sindacato è questo qui. Da una parte le compagnie sindacalizzate (pubbliche o no) che comunque vada hanno il diritto e il privilegio acquisito cinquant’anni fa a sedersi sempre e comunque al tavolo dei vari Ministeri, dallo Sviluppo Economico al Lavoro, a volte fino ad arrivare alle lucenti scrivanie di Palazzo Chigi, dall’altra tutto il mondo delle piccole aziende, dei servizi e delle imprese troppo piccole – o troppo moderne – per creare appetiti elettorali ai nostri signori dei sindacati per essere difeso. Ed ecco che le azienducole e i lavoratori e i neo-laureati che entrano nel favoloso mondo dei servizi si dibattono tra un sistema contrattuale duale – determinato vs indeterminato per chiarire – senza ammortizzatori di sorta o protezioni del Ministero. Noi non veniamo “ricollocati” se perdiamo il lavoro. Ed è giusto così. A noi non danno 14 milioni “sbloccati” dal Poletti, e non li chiediamo neanche perché speriamo che un giorno, dopo l’illuminazione sulla strada di Damasco, quei 14 milioni siano spesi per la banda larga del Paese, per il taglio del cuneo fiscale o per la creazione di Tax-Free Zone per le nuove imprese hi-tech. Così, giusto per spararne due nel mucchio.

Ma per questo abbiamo bisogno di un sindacato. Un sindacato-lobby, un sindacato che dopo l’ultima riforma del lavoro si piazzi sotto Palazzo Chigi a dire: “Ehi Renzi, sai che c’è? Ci hai promesso tempo indeterminato per tutti con flessibilità in uscita e tutele crescenti, ma questo mi pare tutto l’opposto”. E giù scioperi. O tavoli. O pressione lobbistica. Perché questo sono i sindacati: lobby. Non idealistici movimenti di protezione, ma lobby dei suoi iscritti, gruppi organizzati di pressione. Ed è tanto opprimente quanto frustrante l’idea che “o noi o nessuno” “Noi soli proteggiamo i lavoratori” “Après moi le deluge” sia l’analisi politica di quei signori che VOLONTARIAMENTE tengono fuori una parte dei lavoratori (guarda caso, i giovani in primis) dall’ottenere “qualche diritto in più” per evitare che qualche vecchio iscritto abbia “qualche diritto in meno”. 

Ho deciso di scrivere una lettera alla signora Camusso.

Cara Camusso. No. Gentile segretario Camusso. Neanche. Susanna! No, troppo aggressivo. Camusso! Sì, può andare. Dunque. Camusso! Cara Camusso! Possiamo darci del tu? Bene. Tu non proteggi tutti i lavoratori. Ed è giusto così: tu proteggi gli iscritti e pensi alla tua rielezione. Ma a noi va bene così. Camusso! Blocca pure tutti i tentativi d’ammodernamento, non pensare al lungo periodo citando a vanvera Keynes che “nel lungo periodo siamo tutti morti” ché noi non lo saremo di certo e cambieremo finalmente il paese. Camusso! Accetta Etihad, accetta i tagli! Non parlare di cose che non ti competono, investimenti o sviluppo del settore aeroportuale, perché non sei preparata. Non dare la colpa solo ai manager della compagnia, perché quando quella stessa compagnia assumeva TROPPE persone per essere efficiente e slacciava i cordoni del borsone pubblico per estendere stipendi e privilegi in ogni suo angolo remoto del suo operare tu hai taciuto, quando la politica ha colmato d’inutili dipendenti Alitalia per avere un ritorno politico-elettorale tu hai voltato lo sguardo dall’altra parte, e non ti sei erta a difesa dell’efficienza della Compagnia gridando “Così salta tutto!”. No, non l’hai fatto.

Susanna, te lo dico da amico, da venticinquenne lavoratore del settore servizi. Non abbiamo bisogno di te e dei tuoi compari di sventura. No. Noi abbiamo bisogno di regole chiare e semplici, di possibilità e flessibilità in entrata quanto in uscita, d’investimenti esteri e prospettive, non di pezze e di toppe che di questo Paese ne abbiamo viste troppe. Susanna, i lavoratori non hanno bisogno di te, non tutti, ma di altro, di altri sindacati, di altre persone. Noi abbiamo bisogno di un altro sindacato, uno vero. 

Cordiali saluti

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